L’infedele (Gad Lerner)
La nostra storia, dagli anni 60 a oggi, da un punto di vista acuto.
L’ho divorato in due giorni.
Un intellettuale onesto che è arrivato, partito da Lotta continua, al POTERE (la direzione del TG1), attraverso le collaborazioni più diverse, più prestigiose, più innovative, e che ora sta partecipando – quale uno degli intervistatori, non da organizzatore che guarda le cose dall’alto – al progetto di raccogliere le testimonianze video di tutti coloro che sono ancora vivi e che hanno partecipato, nei modi più diversi, alla lotta di liberazione dal nazifascismo.
Offre il petto al plotone di esecuzione dei filistei quando si riconosce come un possibile prototipo del radical chic, e rivendica di avere avuto, da un certo punto in poi, un’esistenza agiata, e di avere amici ricchi e potenti con i quali a volte condivide, da invitato, vacanze lussuose.
Si rende conto, quando guarda al distacco della sinistra dai lavoratori delle fabbrche, dagli operai, che non è da una figura come la sua che la sinistra potrà rinascere, e tuttavia non rinuncia a volersi rivoluzionario, contro lo stato di cose esistente e a favore dei diseredati.
Propone un collegamento con quella parte dell’ebraismo che si vuole messianica, ricorda che Engels era figlio di un grande industriale tessile e che questo non gli impedì di scrivere testimonianze dal vivo della condizione degli operai di Manchester, all’inizio della rivoluzione industriale.
Interessanti e godibili una serie di schizzi dei personaggi della nostra storia recente, della politica, della cultura, dell’impresa, del giornalismo, ciascuno collocato nel contesto storico di riferimento, senza rinunciare a note critiche anche profonde ma mai con astio o acidità personale.
Gad Lerner è uno che ha raccontato la lega dell’inizio delle ampolle alle sorgenti del dio Po’ ed è uno che oggi va nella piazza di Cerignola, dove le case e le strade sono piene delle immagini, come di un santo laico, del fondatore della CGIL Di Vittorio, a parlare con i braccianti, anche gli anziani che con Di Vittorio hanno lottato, e incontra il disincanto delle condizioni peggiorate, dello straniero visto come concorrente al ribasso e, sopratutto, della mancanza di prospettiva, che ha fatto di un paese del sud, glorioso di lotte contadine, un avamposto della lega.
È più che esplicito, a volte quasi compiaciuto, durante tutto il libro: me le dico da solo le contraddizioni che vivo, prima che me le tiriate addosso.
A suo modo è un libroi di storia italiana dagli anni sessanta a oggi. Ripeto: l’ho letto di un fiato, leggetelo, ne vale la pena.
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