La professione del padre (S. Chalandon)
Un romanzo singolare, difficile da descrivere senza svelarne troppo.
L’inizio si può dire, perchè dalle prime pagine il quadro di un padre millantatore e violento, di una madre remissiva, di un figlioletto vittima, è chiaro.
Tutta la prima parte è densa di complotti, dell’amico americano Ted che dà istruzioni al padre a che a sua volta le trasmette al figlio o se ne fa scudo per le punizioni tremende che infligge al piccolo protagonista quando non esegue a puntino gli ordini o non è perfetto a scuola.
Pian piano il figlio diventerà parte attiva e proattiva dei deliri del padre.
Diventerà grande, si costruirà una vita autonoma: un bel lavoro di restauratore, una moglie, un figlio.
Stavo per lasciarlo a metà, stanco della sequenza di “avventure” senza costrutto. Avrei fatto un grande errore, perchè la prima parte è stata necessaria a preparare una seconda parte bellissima, nella ripresa di contatto dopo anni del figlio con i genitori.
Di questa parte preferisco non dire niente, se qualcuno che leggerà qui vorrà leggere il romanzo, perchè l’ho letta non più stancamente come fin verso la metà ma appassionato e voglioso di arrivare alla fine dello svolgimento dei sentimenti che si sviluppano. Senza le grandi contraddizioni che mi sarei potuto aspettare, e anzi con un tono piano, equilibrato, mai urlato. Commovente. Un sentimento che per qualche verso si avvicina a quello che ho avvertito nel vedere Joker, per la vicinanza, che in nessun modo copre le pessime azioni dei protagonisti, a stati di sofferenza estrema di alcune persone.
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