David Golder (Irene Nemirovsky)

Fortuna, declino resurrezione e morte di uno speculatore – ebreo, manco a dirlo – di cui l’autrice (morta ad Auschwitz) descrive la vitalità incomprimibile e le relazioni umane inesistenti: amici, moglie, figlia, tutti rapportati sempre e solo al denaro e alla capacità di produrne ed erogarne.

Spessori psicologici scarsi, qualche pagina potente – quelle finali sulla trattativa da concludere ad ogni costo mentre l’angina pectoris stringe verso una morte dolorosa – e poco più. Scorrevole. Tutto sommato “facile”, pur nella sua durezza.

Balzac aveva già detto tutto, e la “scoperta” di Adelphi di questa scrittrice della prima metà del ‘900 mi pare solo un espediente editoriale. Tralasciabile senza rimpianti.

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