L’angoscia del re Salomone (Roman Gary)

A proposito del bisogno di aver bisogno degli altri

Questo romanzo, come il precedente “La vita davanti a sè“, uscì firmato da Emile Ajar. Con questo stratagemma Roman Gary vinse per due volte – il regolamento lo avrebbe vietato – il premio Goncourt. Si dev’essere divertito un sacco, visto che il segreto è riuscito a portarselo nella tomba.

Come nel precedente, il protagonista è un outsider, che parla una lingua tutta sua con la quale pronuncia inconsuete verità: Jeannot è stato ingaggiato da Salomon, un vecchio di ottantacinque anni, ricco di trascorsi industriali, come tutto fare; Salomon sostiene un centro – una sorta di telefono amico – e qualche volta è lui stesso, la notte, a rispondere alle telefonate dei disperati, perchè, dice Jeannot, “…la notte si sente maggiormente angosciato e appunto quando è più solo ha bisogno di qualcuno che abbia bisogno di lui.”

Sembra aver imparato la lezione che Salomon gli ha dato quando si sono conosciuti: “… che si sono sempre sentiti sfigati e respinti e che si rifanno diventando psichiatri e si occupano dei giovani drogati e dei poveri disgraziati e si sentono importanti e sono molto ricercati e circondati da ammirazione…

La vicenda centrale è tuttavia una triangolazione che si snoda, con la mediazione del centro di assistenza telefonica, fra Salomon, Jeannot e Cora, una anziana cantante che ha avuto un breve momento di gloria negli anni della guerra.

Scopriremo strada facendo perchè Cora non ha potuto proseguire una carriera che sarebbe potuta essere importante, scopriremo quale relazione c’è stata fra Salomon e Cora, quali segreti nasconde, vedremo quali saranno i modi, in parte casuali, in parte orientati, con i quali Jeannot e Cora si avvicineranno.
Un libro delizioso.

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