Via Ripetta 155 (Clara Sereni)
Le manifestazioni piene di speranze di migliorare il mondo, lo scivolamento – troppo tardi avvertito – ad altro, il fumo dei lacrimogeni e l’aria pesante di fumo delle case, questo è reso al meglio nella verità di quegli anni.
La libertà degli amori, o piuttosto dello scambio facile, o meglio non appesantito da eccessive implicazioni energetico affettive, questa non sono sicuro che fosse davvero così leggera come viene proposta. Le gelosie potevano pure essere polical uncorrect ma tali erano, devastanti come ogni sentimento represso.
La parte di Clara Sereni che a me esce più vivida da queste pagine è la tenacia la forza di volontà la capacità di ottenere o meglio conquistare: una casa al centro di Roma, un’autonomia economica, un posto nella letteratura. Meglio ancora: guadagnarsi qualsiasi cosa importante con fatica ed impegno e rigore.
E il giusto orgoglio di essere passata per il lavoro di dattilografa, e per essere stata brava, anche molto brava, a livelli di eccellenza, in quel lavoro.
L’autoironia, sempre presente. Eppure autoironia non è la parola giusta. Distacco, forse? E nemmeno basta. E nemmeno è vero: non c’è distacco, no. Forse non c’è una parola unica per rendere il senso della partecipazione forte ai fatti raccontati e della distanza da cui vengono raccontati. Come da chi sia oltre.
Questo essere, o vedersi, oltre, è ciò che forse autorizza a chiamare ciascuno con il proprio vero nome (il cognome è sottinteso ma chi sa lo sa). Questo a me è sembrato superfluo, qualche volta non di buon gusto.
Non lo faccio mai, prima di scrivere di un libro, ma stavolta ho letto alcune recensioni. Sono rimasto sorpreso che in nessuna recensione, in nessuna intervista ci siano state considerazioni o domande sulle persone vere che abitano il libro. Citto Maselli ad esempio – “che stai scrivendo?” – di cui l’autrice è innamorata per anni, e con il quale anche la madre sembra aver avuto una relazione. Mi chiedo quale sia il senso di averne accennato di sfuggita, visto che non c’era l’intenzione di coglierne, nella scrittura, la drammaticità.
Questo essere oltre, mi dico, forse non è davvero così oltre.
“Colpevolmente”, nell’ultima frase, può essere letterariamente bello, ma a me è suonato stonato. Parte di quel dolore razionalizzato ma non redimibile, che rende così difficile collocarsi davvero oltre.
Clara Sereni non considera Via Ripetta 155 fra i suoi libri migliori, ma non le date retta: si tratta di snobismo.
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