Ogni cosa è illuminata (Jonathan Safran Foer)

Avevo il ricordo vago di un bel film, diretto da un attore che stimo molto: Liev Schreiber, protagonista de “Il candidato della Maciuria” e, più di recente, dell’ottima serie “Ray Donovan”.

Tanto di cappello a Foer che lo ha scritto a venticinque anni. Tanto di cappello perchè è un esercizio di bravura che da una parte difficilmente ti aspetti da uno così giovane ma che, riflettendoci meglio, ti aspetti proprio da uno così giovane.

Si tratta della ricerca, a partire da una sola foto e da un vago riferimento geografico ucraino, di una donna che salvò dai nazisti il nonno del protagonista, e cioè lo stesso scrittore con nome e cognome.

La bravura sta nel linguaggio con cui l’intraprendente e improbabilissima guida ucraina Alex, che si deve pure barcamenare fra un nonno ed un padre caciaroni e oppressivi, si rivolge al protagonista: immagino i salti mortali del traduttore Massimo Bocchiola, che qui merita assolutamente una citazione di merito.

Un esempio da una pagina aperta a caso: “Io ho roteato verso l’Eroe e ho detto: tu non hai mai adocchiato una cosa tale e quale”.

Divertente per cinque, dieci pagine, ma tanto tanto pesante. Tanto pesante che oltre pagina centonovanta (sono trecentosessantaquattro) non ce l’ho fatta a proseguire.

Foer è l’autore anche di Eccomi, qui recensito

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