C’era una volta a… Hollywood (Q. Tarantino)

Ho constatato con sorpresa – mio errore, la sorpresa, visto che i fatti risalgono al 1969 – che due su tre (statistica casereccia) di chi ha visto il film non sa che nel periodo in cui si svolge il film Sharon Tate, incinta di otto mesi, e altri suoi amici furono massacrati da una banda di balordi nella villa di Roman Polasky, marito di Sharon, in quel momento a Londra per lavoro.

Poichè Roman Polansky – rappresentato con gli abiti di scena di “Per favore non mordermi sul collo” – e Sharon Tate, nel film, vivono nella villa adiacente a quella del protagonista, senza conoscerne la storia è difficile vivere la tensione dello spettatore che aspetta di vedere come Tarantino risolverà, ed è impossibile sciogliersi nella commozione del geniale finale.

Finale preparato da due ore in cui Tarantino ci ha portato a spasso per i suoi amori per i B-movies, da Bruce Lee – esilarante la scena in cui appare – e i western italiani, dove Sergio Corbucci viene citato come il secondo migliore regista del genere.

Tarantino cita e cita e cita finché cita pure se stesso e si arrotola in un manierismo a momenti scostante. Ma riesce a restituirci sempre pagine di cinema-cinema che comunque ci ripagano.

Credo che come autore abbia da tempo detto tutto, mi piacerebbe che come regista dirigesse la sceneggiatura di qualcun altro, ma forse è il suo destino, come di altri grandi – penso, in generi opposti, a Woody Allen o anche a Fellini – fare sempre lo stesso film.

Non tutti sono Kubrik, che ha diretto solo capolavori spaziando su tutti i generi, ma vedere un film di Tarantino resta sempre un godimento puro.


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