Tavolo di lavoro

L’oggetto luccicante, sulla sinistra al centro, dentro a un piccolo contenitore di legno, difficilmente potrebbe essere riconosciuto come un temperamatite: è un temperamatite, regalo di un’amica preziosa.

Scrivo a matita. Fino a qualche anno fa scrivevo con una penna stilografica. Ci sarà stato un significato, in questo cambio di strumento? Chissà.

Scrivere è una passione, non capisco chi lo vive come una sofferenza. Per me è un piacere continuo, migliorare e migliorare la frase fino a farla uscire proprio come volevo.

E, talvolta, tuttavia, cancellarla. Perchè, anche se finalmente era venuta proprio ben scritta, è risultata superflua.
Asciugare, infatti, è diventata la parola chiave. Ci sono dovuto arrivare, perchè fino a un certo punto non volevo rinunciare a niente che avevo scritto, tanto ogni parola mi sembrava preziosa.

I mucchietti di fogli:

  • a sinistra in basso, un romanzo al quale sto lavorando da più di cinque anni. L’ho smontato e rimontato più volte, sono passato dalla prima persona al presente a una presuntuosa seconda persona e ora lo sto riscrivendo in terza persona, al passato, nel più classico dei modi.
  • a sinistra in alto ritagli di giornale che un giorno potrei usare, abbozzi di storie, racconti che non mi convincono, elenco di persone che mi potrebbero aiutare nella diffusione, quando il romanzo sarà stato stampato, un precedente romanzo, già autopubblicato ma di cui non sono soddisfatto e sul quale voglio tornare, perche la storia merita.
  • Sulla destra, lettere che scrivo a chi è bene, per me, che non le riceva, e che infatti regolarmente strappo: sempre piu asciutte, sempre più essenziali, finchè non mi servirà più farlo. La scrittura è tante cose.

Infine, sulla destra, marrone, la casa di penne: definizione – quando la poesia nasce dal non sapere abbastanza – del signore senegalese che me la propose, e dal quale la comprai, su una spiaggia toscana.

 

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