I vagabondi (Olga Tokarczuk)

“La Polonia … è scomparsa dalle cartine geografiche dell’Europa per più di 100 anni con le spartizioni, e poi occupata dai nazisti e dai russi… Spariamo e ricompariamo, e non ci fidiamo di ciò in cui ci viene detto di credere”

Romanzo? Non è un romanzo, ma poco importa. D’altra parte nemmeno lo si sarebbe potuto definire una raccolta di racconti, anche se ci sono dentro almeno due, tre racconti molto belli.

Una serie di impressioni di viaggio fra aeroporti, treni, incontri occasionali, metropolitane.

Eppure l’autrice riesce, e senza fornire appigli di collegamento, a mantenere amalgamate le storie che racconta. Oltre al tema del viaggio, la conservazione dei corpi dopo la morte: il cuore di Chopin trasportato dai suoi amici; lo schiavo nero diventato il confidente saggio dell’imperatore e, dopo morto, le struggenti lettere della figlia all’imperatore, affinchè cessi quella barbarie di esporlo impagliato come un fenomeno; la donna che vaga per la metropolitana e incontra una barbona che ha una sua storia; moglie e figlio che scompaiono per due giorni durante una vacanza e, anni dopo, il marito/padre che ancora chiede alla moglie come sono andate le cose.

Sarei molto curioso di sapere come ha deciso l’ordine in cui ha disposto i capitoletti. Per esempio, il racconto più lungo, di moglie e figlio che scompaiono, è esposto in tre parti diverse, riconoscibili dallo stesso titolo: prima dieci pagine e poi altre sedici con in mezzo solo un paio di capitoletti di mezza pagina, infine ripreso duecentocinquanta pagine dopo. Perchè duecentocinquanta e non cinquanta o cento o duecento? E tutti gli altri “titoli”, piuttosto brevi, ha un senso che siano collocati dove stanno o è puramente casuale?

Già porsi queste domande esclude che di romanzo possa trattarsi e che abba una struttura. Eppure, chiamatelo come vi pare ma leggetelo, perchè ne vale la pena.

L’autrice ha originariamente studiato psicologia e qui si è inventata una “psicologia del viaggio” che fa capolino qui e là fino alla fase chiave: “qualunque sia la destinazione, si viaggia sempre in quella direzione. Non importa dove sono, non fa differenza. Io ci sono.”

 

 

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