02Tipica colazione ebraica a Jaffa

Colazione tipica ebraica

È a base di uova. Non vi dico a Jaffa a mezzogiorno, dopo un inferno per parcheggiare tra la polvere, nel locale che Jeudith ci dice tipico, una bella strapazzata di uova e pomodori servita direttamente nella padella. Ok: una volta si può fare.

Jeudith, che non vuole far fotografare, presa con il trucco.

Dopo un giro per il suk,

un buon caffè in un bar molto trendy. Singolari le effige di vari personaggi storico politici sulle bustine dello zucchero.

Mi è rimasta impressa la ragazza soldato dai capelli rossi. È stata l’inizio di una riflessione, che non ho esaurito, sui rapporti tra razza, religione, popolo, cultura…

Sulla strada del ritorno, la struttura dove viene ospitato chi si trasferisce in Israele, per imparare l’ebraico:

4 commenti
  1. Viva Israele
    Viva Israele dice:

    Tipica colazione israeliana, al limite ebraica ma non “ebrea”, l’italiano sig. De Sanctis!
    Comunque la tipica colazione israeliana è decisamente più ricca e variegata di quella che lei ha fatto: insalata, pomodori, cetrioli, tonno, hummus, tehina, uova, pane, frutta fresa e secca, dolci di vari tipi, caffè, spremute e succhi vari…insomma per tutti i gusti. Sembra che abbia fatto questo viaggio con poco spirito di capire e di andare a fondo, cercando di non scalfire in alcun modo tutti i pregiudizi che ha su un popolo e su uno stato. In Israele troverà ragazze e ragazzi con capelli rossi, biuondi castani e mori, e anche verdi o blu a seconda delle mode 🙂
    Lo stato di Israele aiuta in ogni modo coloro che compiono l’aliyah (salita) ossia vi si trasferiscono: non vogliono certo che vivano ai margini, in campi profughi come invece fanno gli arabi da oltre 70 anni con i loro stessi fratelli in Libano, Giordania e Siria. Ghettizzati senza possibilità di ottenere la cittadinanza, di lavorare e di avere diritto all’istruzione o alle cure mediche….
    Per questo hanno creato delle strutture dove i nuovi olim (immigrati) vivono e studiano l’ebraico intensivamente per essere pronti a inserirsi nella società.

    • Stefano
      Stefano dice:

      grazie per la correzione di italiano, ha ragione, correggo e lascio i commenti così resta che avevo scritto “colazione ebrea” invece di ebraica.

      E invece la ragazza dai capelli rossi – mi dispiace che anche questa osservazione l’abbia presa come sintomo di pregiudizio – mi suscitò un interrogativo al quale non ho ancora trovato risposta.

      Magari lei potrà essermi di aiuto.

      L’interrogativo è questo: che cosa definisce una persona “ebreo”?

      La prego, non lo consideri un interrogativo banale.

      Io ho provato con alcune risposte, ma in nessuna delle risposte entrano tutte le persone che si definiscono – o sono considerate – ebree.

      Quindi grazie se vorrà correggere le informazioni che sono convinto di avere, ove fosserro errate.

      So che è considerato ebreo, dagli ebrei, chi nasce da madre ebrea.

      E che si può diventare ebrei per conversione, una volta fatto il percorso previsto. Ho una cara amica, nata da padre ebreo e madre non ebrea, che ha fatto questo percorso.

      Però questa mia amica – da li partì la mia riflessione – non è religiosa, non è praticante. Eppure si definisce ebrea.

      Allora, mi domando, essere ebreo può essere indipendente dall’essere di religione ebraica?

      Sembra che la risposta alla domanda precedente debba essere positiva. Perchè ci sono tanti “ebrei-laici”.

      Qui il discorso diventa difficile, perchè allora sembra difficile trovare un fattore unificante che non faccia riferimento alla parola che non vorrei pronunciare: la razza.

      Però, nemmeno la “razza” – ammesso che esista una razza ebraica, quale desumibile dai pregiudizi popolari circa il naso adunco etc – potrebbe essere il fattore unificante. La ragazza dai capelli rossi, che era una soldatessa – si vede in una delle foto – quindi sicuramente ebrea, e i suoi capelli erano di un rosso tiziano naturale, molto appariscenti, lo smentirebbe clamorosamente. Se intendiamo “razza” come una serie di caratteristiche fisiche fisiologiche distintive, quelle in base alle quali si distingue un nero da un cinese etc.

      Quando ho fatto queste osservazioni alla mia amica, mi ha risposto con una serie di considerazioni circa il senso di giustizia di eguaglianza ed altri modi di essere, nessuno dei quali peraltro mi risultò estraneo, senza che per ciò io mi senta ebreo. Nè, tanmtomeno, che un ebreo mi consideri tale.

      Ad una lontana cugina della mia amica, che tuttora vive in un kibbutz, eroina della fondazione dello stato di Israele, posi la stessa domanda. La aggirò elegantemente – è una donna che ne ha viste di tutte, non aveva certo voglia, e la capisco, di addentrarsi in una discussione teorica – raccontandomi che, quando era giovane e viveva in giro per il mondo, con i suoi amici e parenti ebrei si salutavano con “ci vediamo l’anno prossimo a Gerusalemme”.

      Questo era quasi convincente, nel senso di una identifcazione di un gruppo di persone che si autoidentificano come “noi siamo tutti ebrei”.

      Ma non sembra rispondere alla mia domanda iniziale: quali caratteristiche esattamente riscontrabili identificano un ebreo come tale?

  2. Viva Israele
    Viva Israele dice:

    ribadisco: sarebbe più corretto scrivere colazione israeliana che ebraica :-)Cominciamo con il dire che faccio mio quanto detto da Einstein (un ebreo per la cronaca 🙂 ) non esistono le razze, esiste solo la razza umana. Non so quanto sia importante a questo mondo poter catalogare un ebreo in quanto tale in base a come prega, cosa mangia o peggio caratteristiche somatiche. Ebreo sicuramente è chi nasce da madre ebrea, chi segue il percorso di conversione sia tradizionale che reform ma forse si sente ebreo anche chi come me non lo è ma si sente legato al popolo ebraico e allo stato di Israele. Molti israeliani, forse la maggioranza dei cittadini sono laici, non seguono tutti i dettami della Torah o vanno in sinagoga tutti i giorni (noi cattolici non siamo da meno in questo) ma tutti si sentono legati alle loro radici che affondano nella notte dei tempi. Il saluto “l’anno prossimo a Gerusalemme” è il saluto che per duemila anni si sono rivolti gli ebrei tra di loro augurandosi di poter andare alemno una volta nella vita nella loro città simbolo. Ho visitato Israele 9 volte negli ultimi 11 anni e sono stati viaggi di arricchimento culturale, umano, sociale, di conoscenze: ho imparato ad amare e a difendere come posso questo paese meraviglioso e a notare le differenze, il miscuglio di genti e di origini. Ad apprezzare una società in cui russi, etiopi, europei si mescolano e sono pronti a dare la vita per difendere lo stato. Il senso di appartenenza a un popolo che pur disperso ai quattro angoli della terra ha sempre conservato un legame indissolubile con quella terra ha per me del miracoloso.

  3. Anonimo
    Anonimo dice:

    nelle s0le due settimane in cui sono stato in Israele, ho conosciuto persone di provenienza olandese, italiana, marocchina, irakena, ungherese, e mi è più che evidente che non possano essere i tratti somatici a definire un ebreo.
    Quindi, viva Enstein, certo.
    Però la cosa continua a non essermi chiara; provo a formularla in termini di “insiemi” (non che io sia un gran matematico, solo mi pare un modello che può aiutare): l’insieme “essere ebreo” non corrisponde ad “essere israeliano”, perchè ci sono ebrei non israeliani, giusto?
    E nemmeno “essere israeliano” corrisponde ad essere ebreo, perchè ci sono israeliani (arabi) non ebrei, giusto?
    E quindi in che cosa consiste, come si può definire, il “popolo ebraico”?
    Per il popolo italiano è facile: che abbia la cittadinanza italiana. Una persona di origine italiana che abbia la cittadinanza Usa, o argentina, potrà “sentirsi italiano”, ma non “essere italiano”.
    Perchè poi lo stato di Israele è uno stato religioso: mi è stato detto che non esiste il matrimonio civile, e che chi si vuole sposare può farlo solo “religiosamente”. Questa è un’informazione di cui non sono certissimo, me la può confermare?

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